Lo Stato-Nazione, L'Ucraina e la Crimea

http://www.corriere.it/esteri/14_marzo_16/referendum-crimea-seggi-aperti-bd0594f6-ace3-11e3-a415-108350ae7b5e.shtml

Stati Uniti ed Unione Europea hanno definito illegale il referendum che si sta tenendo proprio oggi in Crimea per decidere l'annessione alla Russia della regione e di conseguenza la separazione della stessa dall'Ucraina. Non voglio assolutamente entrare nelle motivazioni (credo siano troppo complesse e al di fuori degli interessi di questo post), ma sicuramente suona strano che un referendum, al quale ha facoltà di  partecipare l'intera popolazione adulta di un paese o di una regione, possa essere definito illegale, non rispondente  alle aspettative di quelle che si definiscono istituzioni pienamente democratiche.
A livello teorico, il referendum popolare è infatti lo strumento più democratico (démos = popolo e cràtos = potere) che possa immaginarsi. Ripeto, non voglio entrare nelle ragioni politiche ed economiche della denuncia del mondo occidentale verso l'azione russa in Crimea, ma questo evento mi serve per una riflessione sui concetti di Stato-Nazione e Partecipazione Democratica. Per poterla fare parto da lontano, dalla scienza che studia i fenomeni sociali: la sociologia.
Nel 1824, nell'opera "Piano dei lavori scientifici necessari per riorganizzare la società" il filosofo francese Auguste Comte teorizzò la nascita di una nuova scienza, che più tardi chiamerà sociologia, come l'ultimo risultato di uno sviluppo di scienze, quali la biologia, la chimica, la fisica. Lui riteneva possibile che si potessero trovare delle leggi e delle regole che potessero spiegare e prevedere i fenomeni sociali, così come si potevano spiegare e prevedere i fenomeni fisici o chimici. Noi sappiamo che mescolando due composti chimici semplici ne otteniamo un terzo con caratteristiche ben definite e prevedibili. Oppure se abbiamo un corpo con una certa massa che si muove ad una certa velocità, siamo in grado di prevedere quanto spazio percorrerà. Se sappiamo da dove parte e conosciamo le caratteristiche del percorso che seguirà la sua traiettoria, possiamo prevedere dove questo oggetto arriverà.  Sono leggi fisiche e chimiche in parte note sin dagli studi degli antichi greci oltre 2.000 anni fa e perfezionati durante il corso della storia da nomi illustri, come Galileo o Newton, solo per citarne  qualcuno. Comte era convinto che qualcosa di simile fosse possibile anche per spiegare e prevedere i comportamenti dell'uomo, sia come singolo che come collettività. Oggi sappiamo che il sistema sociale è troppo complesso per potere avere leggi altrettanto efficaci e precise come quelle di cui disponiamo per la scienza fisica e/o chimica.
Il sogno di potere prevedere le prossime evoluzioni della società, e quindi della storia, e magari poterla influenzare in qualche modo per il bene collettivo, almeno si spera,  la ritroviamo in molti racconti di fantascienza (per esempio la Psicostoria raccontata da Asimov nel ciclo di romanzi delle Fondazioni e dell'Impero, che continuano e si integrano con il più famoso ciclo sui Robot). Ma cosa centra la sociologia con  lo Stato-Nazione e la partecipazione democratica? La nascita delle scienze sociali in realtà si può dire una diretta conseguenze di due novità nel panorama sociale dell'Europa tra il XVIII ed il XIX secolo: la Rivoluzione Industriale e lo sviluppo progressivo della partecipazione democratica della popolazione al governo e di conseguenza la nascita degli stati nazione. Sono infatti le rivoluzioni americana e francese che a fine '700 danno una decisiva spinta verso la fine delle forme di governo monarchiche, eredità del mondo medioevale. Questi fenomeni possono dirsi completati nell'occidente con le due grandi guerre mondiali. La prima guerra mondiale, con la sconfitta degli imperi centrali europei  (tedesco-prussiano ed austro-ungarico asburgico) ed ottomano, sancì  la definitiva nascita degli Stati-Nazione. La seconda guerra mondiale, con la caduta dei regimi totalitari in Germania ed Italia, diede una spinta fondamentale alla partecipazione democratica delle popolazioni al governo delle nazioni. La rivoluzione industriale ha invece terminato il suo ciclo di sviluppo negli anni ’70 del XX secolo e molti studiosi parlano della nostra era come di età post-industriale o post-moderna. Nella società attuale, a livello economico, politico e sociale, hanno sempre maggiore influenza organi sovra-nazionali, spesso non democraticamente eletti.
In Wikipedia il termine Stato Nazione è definito come "uno stato costituito da una comune entità culturale e/o etnica omogenea". La versione inglese dell'enciclopedia della rete aggiunge alla comunanza di entità culturale e/o etnica, il fatto di essere un'entità politica e geopolitica. Ma ha ancora senos, in un mondo sempre più connesso, multiculturale e multietnico parlare di Stato-Nazione oggi? Che conseguenze ha questo a livello locale sulla vita di ogni individuo e delle singole comunità? Che conseguenze ha la crisi del concetto di Stato-Nazione sulla partecipazione democratica dei cittadini alla vita pubblica? Sono tutti quesiti a cui è difficile dare una risposta definitiva. Sono infatti questi alcuni degli oggetti di studio della sociologia e, come detto precedentemente, la sociologia non riesce a dare risposte definitive e certe. Uno dei più grandi sociologi della storia, Max Weber, diceva a chi voleva da lui delle previsioni su come sarebbe cambiata la società di rivolgersi ai maghi e non a lui che era uno scienziato (in realtà Weber, morto nel 1920, riuscì ad intravede l'avvento dei regimi totalitari fascista e nazista che sarebbero arrivati solo qualche anno più tardi). Ciò che è importante capire è che il concetto di Stato-Nazione non è un qualcosa di preesistente  ed assoluto. E' un'invenzione molto recente, legata agli eventi storici degli ultimi due secoli, ma che non trova corrispondenza nella storia precedente. Probabilmente se si chiedesse ai padri dei nostri nonni se si sentivano italiani, o tedeschi, o francesi, già troveremmo delle reazioni piuttosto tiepide (in generale naturalmente, poi ci sono le ovvie eccezioni che riguardano quelle persone maggiormente legati ad ideologie ed ideali particolari). Andare in guerra per difendere i confini nazionali per loro rappresentava un obbligo reale e quasi per niente morale.
A tal proposito vi propongo un esempio di come la storia stessa è stata sapientemente cambiata (o meglio adattata) per inculcare un concetto che nella realtà non esisteva. Ettore Fieramosca e la disfida di Barletta. Potremmo trovare personaggi come Ettore Fieramosca nella storia di tutti i principali paesi del mondo. Ettore Fieramosca era in primo luogo un mercenario che combatteva per denaro e per il mantenimento e la conquista  dei propri possedimenti nobiliari. Nulla di sbagliato naturalmente per i suoi tempi e probabilmente aveva anche lui dei nobili ideali per cui combattere. Solo durante il periodo risorgimentale la sua figura fu trasformata in quella che conosciamo oggi di eroe della nazione e di difensore dell'italianità. Ricordo in breve la sua storia: durante le contese tra i d'Angiò, francesi, e gli Aragona, spagnoli, per il possesso del dominio sul meridione d'Italia, Ettore Fieramosca combattè per gli spagnoli (ma anche per gli italiani come vuole la tradizione risorgimentale). Durante queste contese un cavaliere francese, Charles de Torgues, detto La Motte, accusò di codardia i cavalieri italiani che combattevano per conto del nemico spagnolo. Ettore Fieramosca si erse a paladino della patria ed il 13 febbraio 1503 tredici cavalieri italiani, guidati da Fieramosca, e altrettanti cavalieri francesi, guidati da La Motte, si scontrarono a duello nella famosa Disfida di Barletta. I cavalieri italiani vinsero la sfida restituendo l'onore perduto all'Italia, divisa e dominata da diverse dinastie, per lo più straniere.  In realtà questa storia fu ricostruita abilmente dal romanzo "Ettore Fieramosca" di Massimo D'Azeglio del 1833, in pieno risorgimento italiano. A questo romanzo seguirono alcune rielaborazioni cinematografiche. La prima nel 1915, durante la Prima Guerra Mondiale, con il giovane Regno dì'Italia che stava costruendosi una propria identità nazionale e che doveva convoncere le sue truppe a combattere per il re. La seconda nel 1938 in pieno regime fascista, con protagonista Gino Cervi (io ne ricordo una terza versione degli anni '70 con protagonista il "grande" Bud Spencer).
Probabilmente il buon Fieramosca fu mosso principalmente dal proprio orgoglio personale... "Nessuno può chiamarmi codardo" diceva Marty McFly, interpretato da Michael J. Fox, in Ritorno al Futuro :-) (nella versione inglese in realtà lo appellavano spesso con "pollo" come nello spezzone del secondo episodio della saga in basso).


Per terminare: Lo Stato-Nazione è come indicato in precedenza una pura invenzione del XIX secolo. Ciò non vuol dire che sia male o sia bene. E' stato sicuramente un'istituzione importante per tutto il XIX e XX secolo. Ha portato democrazia e libertà a molte persone. E' stato anche causa di guerre per astruse pretese di governo di "pezzi" di territorio (vedi la contesa oggi tra Ucraina e Russia per la Crimea). Ciò che è invece una conquista inalienabile è la PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA delle persone alla vita pubblica e politica. E' un'aspirazione umana da sempre. Anche nelle gerarchie dei villaggi del paleolitico o delle prime città con il neolitico. Era il sogno delle poleis dell'Antica Grecia, culla della civiltà occidentale. Questa partecipazione è però oggi messa in discussione proprio nel momento in cui la tecnologia ci offre gli strumenti più potenti che siano mai esistiti per collegare le persone e connetterle in un'unica infinita ed indefinita intelligenza collettiva.

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