CRISI ECONOMICA: l'avevamo prevista e sappiamo come andrà a finire - Parte 3

Con questo post, finalmente cerco di arrivare al sodo:

la crisi economica, l'avevamo prevista e sappiamo come andrà a finire! 

Un'idea che credo ormai sia chiara dai concetti presentati nel post precedente sul progresso tecnologico e sui cicli socio-economici della storia dell'uomo.

Ad ogni fase di Sviluppo / Crescita / Esternalità, segue, anche se non certamente, ma con grande probabilità, una fase di Stagnazione / Declino / Decadenza Sociale. 

Andiamo più nel concreto: Nel 1972, i coniugi Donella e Dennis Meadows, in collaborazione con  Jørgen Randers e William W. Behrens III, pubblicano il "Rapporto sui limiti dello sviluppo", tratto dal libro di culto The Limits to Growth (I limiti dello sviluppo). Il testo presenta una simulazione delle conseguenze della continua crescita della popolazione, dell'industrializzazione,e dello sfruttamento delle risorse del pianeta sull'ambiente e sull'uomo stesso. Le prospettive di questo studio sono propriamente malthusiane (vedi il post http://assoluti.blogspot.it/2014/03/are-you-malthusians-or-cornucopians-i.html). 
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Secondo i Meadows entro 100 anni (dal 1972) saranno raggiunti in un momento imprecisato i limiti dello sviluppo umano e si assisterà ad declino improvviso ed incontrollabile della popolazione e della capacità di produzione industriale ed alimentare. C'è però una speranza. È possibile agire sui tassi di sviluppo demografico e produttivo per garantire il mantenimento di una condizione di stabilità ambientale ed economica, sostenibile per tempi più lunghi. 
Questo scritto ha fortemente influenzato la coscienza ambientalista ed ecologista nata negli anni '70, anche a livello politico ed istituzionale. Nella Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo  Brundtland  nel 1987 (conosciuta anche come Our Common Future) per la prima volta si parla di sviluppo sostenibile come sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere le capacità delle generazioni future di soddisfare i propri.  La definizione è stata poi ripresa sia nella conferenza di Rio che nel Trattato di Maastricht. 
Nel 1992 i Meadows e Randers hanno pubblicato un primo aggiornamento del loro lavoro del 1972, con il titiolo Beyond the Limits (Oltre i limiti), in cui hanno sostenuto che i limiti della capacità di carico del nostro pianeta erano già stati superati, a cui è seguito un secondo aggiornamento del 2004 (Limits to Growth: The 30-Year Update). Alcuni studi recenti sembrano mostrare che le previsioni del 1972 de I limiti dello sviluppo siano  state pienamente rispettate... Bè è la crisi che stiamo vivendo proprio in questi ultimi anni, iniziata con la bolla speculativa internet e, dopo una breve ripresa, continuata nel 2008 con la crisi dei subprime e del debito sovrano di molti paesi sviluppati. 
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In realtà le crisi del 2000 e del 2008, hanno radici ancor più antiche.

Alla vigilia della fine della seconda guerra mondiale, quando le sue sorti sembravano ormai segnate e decise, nel luglio 1944, si tenne la conferenza di Bretton Woods, destinata a regolare l'economia dei paesi occidentali per quasi 40 anni. 

Questi 40 anni saranno uno dei periodi più lunghi nella storia moderna dell'umanità di crescita economica e sviluppo costante, per questo motivo denominata da molti storici la Golden Age. Dagli accordi di Bretton Woods nacque il Fondo Monetario Internazionale, a cui fu affiancata la creazione della Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, ma soprattutto fu creato un sistema detto di gold exchange standard, basato cioè su rapporti di cambio fissi tra le valute, tutte agganciate al dollaro statunitense, il quale a sua volta era agganciato all'oro. Il dollaro in pratica valeva come se fosse oro, grazie alla garanzia offerta dalle enormi riserve auree degli Stati Uniti. L'economia tornava pertanto, anche nei paesi occidentali, in mano ai governi ed agli stati e quindi, idealmente, in qualche modo al popolo, invece che nelle mani delle grandi aziende e delle banche, in poche parole della finanza. Quanto questo modello fosse sostenibile è difficile da stabilire, ma certamente per 40 anni garantì una crescita costante ed il diffondersi del benessere, almeno nei paesi occidentali, grazie ad un sistema quasi basato sull'economia reale e non sulla finanza. Già alla metà degli anni '60 la grande finanza cominciò però a reagire cercando tutti quegli strumenti che gli consentissero di recuperare il controllo dell'economia mondiale, dall'internazionalizzazione spinta alla creazione di mercati e società offhore.
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Il 15 agosto 1971, il sogno finì: il presidente Richard Nixon annuncia a Camp David la sospensione della convertibilità del dollaro in oro. 

In pratica, a seguito dell'enorme spesa sostenuta dal governo americano per la guerra in Vietnam, unitamente alle varie operazioni necessarie a mantenere la supremazia nella guerra fredda, il valore dei dollari circolanti aveva superato quello delle riserve auree del paese (anche se nessuno mai lo ammise). In realtà il debito americano e dei paesi occidentali aumentò anche, e soprattutto, a causa degli strumenti creati dalla grande finanza per sfuggire al controllo ed alla tassazione degli stati. Come se non bastasse, nel 1973 la guerra del Kippur tra Israele e gli stati arabi e la conseguente crisi petrolifera diede il colpo di grazia al modello nato dagli accordi di Bretton Woods, ormai superati con  lo Smithsonian Agreement di due anni prima. L'economia era tornata in mano alla finanza, e tutte le successive crisi, fino a quella di oggi, sono conseguenza e figlie di questo evento. Bene. Il libro "I limiti dello sviluppo" del 1972 dimostra concretamente che la crisi che stiamo vivendo era stata prevista oltre 40 anni fa ed abbiamo anche individuato quei puti di discontinuità che hanno portato all'attuale ciclo sodio-economico (Bretton Woods, gli Smithsonian Agreement, la guerra del Kippur, la crisi dei subprime e del debito sovrano). Rimane da capire come andrà a finire. Anche su questo tema abbiamo già le risposte: la teoria dei cicli di accumulazione di Arrighi, ma sopratutto una visione cornucopiana del mondo, ci fa sperare che la capacità umana di innovare e di reinventarsi, anche se dopo un periodo, ci auguriamo breve, di stagnazione e di declino, porterà ad una nuova fase di sviluppo e di crescita. Qualche luce si intravede già. Il mondo sta cambiando. L'era industriale è finita, stiamo vivendo una nuova era, che qualcuno chiama post-moderna. I flussi di comunicazione ed informazione guidano l'economia, la finanza, le società, le comunità e gli individui. Forse manca solo una qualche innovazione, che accompagni il nuovo modo di comunicare che caratterizza la nostra epoca. Una innovazione che forse qualcuno, in Cina o in India, chissà, ha già pensato e realizzato in qualche magazzino sperduto in una delle grandi megalopoli del nuovo mondo dei paesi emergenti... forse... Io ne sono certo!

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