Avevo concluso il precedente post citando i cicli socioeconomici e le discontinuità che ne caratterizzano i cambiamenti di fase. 

L'obiettivo di questo articolo è quello di cercare di individuare punti di discontinuità che hanno caratterizzato la storia dell'uomo, cercando di preparare un'analisi su quelli più recenti. I punti di discontinuità più recente possono forse farci intravedere i cambiamenti di fase in atto e farci comprendere se è possibile fare delle previsioni su ciò che ci aspetta nel prossimo futuro.
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Prima di procedere secondo questo programma occorre però sfatare una convinzione comune: è proprio vero che il progresso tecnologico migliora la vita delle persone? Quasi. In generale si, ma non è vero in assoluto. Ragioniamo sempre per approssimazioni. Immaginiamo che un buon indicatore del benessere fisico delle persone in una data società sia l'altezza media degli individui che la compongono. Naturalmente questo indicatore ha validità se considerato nella scala globale del genere umano e non su singole popolazioni, per le quali la diversità dell'altezza media dipende da fattori molti diversi. Gli studi di paleoantropologia hanno mostrato che l'altezza media dell'uomo è diminuita leggermente nel passaggio dal paleolitico al neolitico, alla caduta dell'impero romano, nei primi anni dello sviluppo industriale tra il '600 ed il '700. Nel primo e nell'ultimo degli eventi citati questa diminuzione di altezza media, e presumibilmente di benessere fisico dell'uomo, si è verificato in corrispondenza di un'evoluzione tecnologica. Nel primo caso l'attuazione delle rivoluzione agricola, nell'ultimo della rivoluzione industriale. La diminuzione dell'altezza media si è accompagnata a segni di altre patologie, non presenti nell'era precedente. Nel caso del neolitico, le nuove attività di trasformazione del cibo e dell'artigianato, come per esempio quello di macinare il grano o di costruire cesti di vimini, sono stati causa dello svilupparsi di difetti sullo scheletro dei nostri progenitori. Sulle ginocchia, sella colonna vertebrale, sui denti. All'inizio della rivoluzione industriale, l'aumento della densità abitativa nelle città ha favorito lo sviluppo di malattie epidemiche, dalla tubercolosi alla spagnola degli anni '20 del XX secolo. Possiamo quindi affermare che che il progresso tecnologico porta sicuramente un aumento del benessere economico totale, ma questo non si distribuisce equamente ed immediatamente a tutta la popolazione ma, almeno nella fase iniziale, una parte consistente della popolazione vede il suo benessere fisico e sociale diminuire.
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Nel 1925 l'economista sovietico Nikolaj Kondratev, l'inventore della NEP (Nuova Politica Economica)   che consentì di risollevare l'economia sovietica dopo le catastrofi della prima guerra mondiale e poi abolita da Stalin,  scrisse un libro.

Il titolo era "I maggiori cicli economici ". 

In questo testo Kondratiev ipotizzava che l'economia capitalistica, e di conseguenza la sua società secondo gli schemi filosofici marxisti, evolveva secondo cicli regolari sinusoidali lunghi da 50 a 70 anni, in cui si alternavano una fase ascendente ed una discendente. Alla fase ascendente corrispondono i periodi di crescita veloce e specializzata, a quella discendente i periodi di depressione. Nel 1939 un altro economista, l'austriaco Joseph Schumpeter pubblica "Cicli Economici", in cui scompone il ciclo economico in 4 momenti: Espansione, Recessione, Depressione, Ripresa. Ognuno di questi momenti è legato alle innovazioni tecnologiche introdotte ed alla capacità di lungimiranti imprenditori di saperle utilizzare per creare nuovi mercati o espandere / rivitalizzare quelli esistenti. Così le innovazioni davvero epocali (il fuoco, l'agricoltura, le scrittura, la bussola, la macchina a vapore, il petrolio, l'elettricità, etc.) si susseguono a cicli particolarmente lunghi, di durata pari a circa 50 anni (i cicli di Kondratiev citati precedentemente). 
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Questa idea dei cicli sinusoidali porterebbe portarci a pensare che ad ogni grande discontinuità la storia ricominci daccapo, come se tutto ciò che è successo precedentemente non fosse mai accaduto. L'esperienza ci mostra che non può essere così. Alla caduta dell'impero romano si dovette assistere a grandi trasformazioni nella vita sociale delle persone. Ci fu certamente una riduzione del benessere sociale ed economico complessivo. La conoscenze acquisite precedentemente non andarono però perse. Basti pensare all'enorme opera compiuta dai monaci amanuensi che hanno consentito di fare arrivare fino a noi le opere letterarie e scientifiche greco-romane.

Questo fenomeno è stato sistematizzato e descritto nel libro "I cicli sistemici di accumulazione" del 1999 del sociologo italiano Giovanni Arrighi. 

Quindi, se stiamo vivendo un periodo di recessione e/o depressione, quel che è certo è che quando acquisito dal genere umano fino ad oggi non andrà perso e costituisce comunque  una buona base da cui ripartire per ricostruire il nostro futuro.
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Gli storici ed i sociologi individuano, considerando la sola dimensione economica, due grandi punti di discontinuità nella storia socio-economica del genere umano: la Rivoluzione Agricola e la Rivoluzione Industriale. La prima con il passaggio da una società di caccia, raccolta e pesca ad una dell'agricoltura segnò il passaggio dalla cultura paleolitica a quella neolitica. Nascono le prime città. La popolazione umana per la prima volta comincia a crescere velocemente superando ampiamente il milione di abitanti sulla terra (fino a circa il 10.000 a.C. la popolazione mondiale di uomini si misurava in decine di migliaia di "esemplari"). L'organizzazione della società diventa complessa e si crea una suddivisione dei ruoli sociali e dei lavori mai esistita precedentemente. Città, regni, imperi, scribi, soldati e sacerdoti. Con la Rivoluzione Industriale il livello di complessità aumenta ulteriormente ed in maniera esponenziale. Dal 1750 ad oggi la popolazione mondiale si moltiplica di oltre 10 volte (da 700 milioni ad oltre 7 miliardi di abitanti oggi). Aumenta a dismisura l'urbanizzazione: le persone abbandonano le campagne e vanno ad abitare in città. Nel 2009 la popolazione urbana mondiale ha superato quella rurale. Il lavoro richiede sempre più una maggiore specializzazione ed interdipendenza. Fino al XVIII secolo il lavoro si svolgeva in ambito familiare. Ogni persona era indipendente nel creare beni e prodotti. Con  l'organizzazione scientifica del lavoro nella catena di montaggio di Taylor, ogni operaio produce una parte minima del prodotto finale.  Tutto diviene estremamente standardizzato: beni, prodotti ed attività necessarie per costruirli.
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Accanto a queste due grandi discontinuità del mondo economico io ne aggiungerei altre tre che hanno caratterizzato lo sviluppo storico del genere umano. Sono tutte riconducibili alla comunicazione ed al trasporto.  Fino a soli pochi decenni fa non era corretto parlare di una unica storia del genere umano, ma sarebbe stato più corretto parlare di "storie" dell'umanità. Un  abitante dell'estremo oriente asiatico ed un europeo erano agli occhi dell'altro come degli alieni. Profili genetici praticamente identici, ma culture profondamente diverse, sviluppatesi su strade parallele durante secoli di storia di reciproco isolamento. Quando Alessandro Magno cercò di conquistare l'India i suoi soldati si rifiutarono di continuare nell'impresa. Davanti a loro trovarono eserciti che combattevano in groppa ad enormi pachidermi, in mezzo a foreste pluviali abitate da animali che facevano parte solo della loro mitologia. Persino il clima era diverso da quello da loro conosciuto in Grecia o nell'enorme impero persiano, con temporali improvvisi sospinti dai potenti venti monsonici. Analogamente quando cadde l'impero romano d'occidente nel V secolo d.C., un evento epocale per la storia occidentale, probabilmente nella Cina,  divisa tra le dinastie del Nord e del Sud dopo la caduta della dinastia Jin, nessuno seppe di quanto stava avvenendo. Quando gli europei arrivarono nel XV e XVI secolo nelle Americhe, per i nativi si trattava di semidei, con una tecnologia molto più avanzata rispetto alla loro. I poveri nativi americani non avevano neanche sviluppato gli anticorpi alle malattie portate dagli europei, che contribuirono a decimare gli abitanti degli imperi Azteco e Incas più di quanto fecero i conquistadores in battaglia. 
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Da un punto di vista della storia occidentale (europea ed americana), la prima grande discontinuità nella comunicazione e nel trasporto si ha nel primo millennio a.C. con l'invenzione della scrittura alfabetica ed il miglioramento delle tecniche di navigazione che consentirono a greci e fenici di portare la loro cultura in tutto il mediterraneo. Nel XV secolo d.C. abbiamo una seconda grande discontinuità, quella che Marshall McLuhan ha denominato la galassia Gutenberg, nel suo famoso omonimo libro del 1962, l'invenzione della stampa a caratteri mobili, in concomitanza con l'inizio della grandi esplorazioni europee, che porteranno alla scoperta ed alla colonizzazione delle Americhe (ma anche all'esplorazione dell'Asia iniziata già un secolo prima con i mercanti delle repubbliche marinare italiane, di cui Marco Polo è sicuramente il simbolo più emblematico).  Infine nel XIX secolo, l'invenzione delle comunicazioni elettriche, del telegrafo e della radio, quindi della possibilità di comunicare a distanza in tempo reale, e l'invenzione del motore a vapore prima e di quello a scoppio poi, hanno unificato la storia dell'umanità. Il pianeta terra è con questa terza fase diventato effettivamente un mondo unico e non più un mondo di mondi alieni l'uno dall'altro.

Quella che stiamo vivendo oggi potrebbe essere una quarta fase della comunicazione: quella della comunicazione digitale. 

Per potere però affermare che siamo all'alba di una nuova era manca secondo me una tecnologia del trasporto innovativa che abbia un  impatto paragonabile a quello delle fasi precedenti. Nel prossimo post su questo argomento cercherò quindi di esaminare sia la discontinuità portata dalle comunicazioni digitali e, aggiungerei, mobili,  ma anche i micro-eventi nella storia economica che si sono verificati nella storia più recente, per cercare di capire se siamo effettivamente in una nuova era post-industriale o post-moderna, o semplicemente in una sotto fase dell'era industriale.

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Un interessante studio sociologico. Le basi sono assolutamente scientifiche (empiriche si direbbe tra gli addetti ai lavori).

Sperimentalmente si dimostra come le ideologie politiche hanno un effetto ancora più "devastante" ed ampio sulle persone più intelligenti. 

A questo link trovate i dettagli

http://www.vox.com/2014/4/6/5556462/brain-dead-how-politics-makes-us-stupid

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Qualcuno aveva previsto la crisi? SI. E quando? 

Cosa ci aspetta adesso? Sappiamo già come andrà a finire? 
Non scriverò subito le risposte a queste domande. Per due motivi, probabilmente ovvi. Dare immediatamente le risposte senza un discorso logico, contraddice lo spirito di questo blog. Diventerebbe un mero atto di fede, una "religion".
Sociologia | Semiotica | LinguaggiUn atto che spiega e rassicura, ma che si basa su dogmi e discorsi di senso comune. Vorrei invece tentare di seguire un discorso quasi-scientifico, nel limite delle mie conoscenze. Il secondo motivo è insito nei modi propri della narrazione, che diventa tanto più interessante da leggere, o ascoltare, quando più questa lascia intravedere e scoprire lentamente l'esito finale del racconto. Nel precedente post, l'ira di Khun, ho scritto sui modelli di costruzione delle conoscenze scientifiche. 
http://assoluti.blogspot.it/2014/04/lira-di-kuhn-assoluti-relativi-2.html.

Ma qual'è il fine ultimo della scienza? 

Limitandoci ad un punto di vista pratico e con una serie di approssimazioni, potremo affermare che il fine della scienza è quello di creare un modello teorico dei fenomeni oggetto di studio. Questi modelli ci consentono di dominare i fenomeni e di prevedere gli esiti di una data azione su quel fenomeno. Per esempio, conoscere i modelli matematici che governano le orbite degli astri e la legge di gravità, ci ha permesso di andare sulla luna. La conoscenza delle leggi dell'aerodinamica ci ha consentito di costruire aerei ed elicotteri. Lo studio dell'elettromagnetismo ci ha permesso di potere comunicare a distanza, prima con il telegrafo, poi con la radio e così via fino ai più recenti tablet e smartphone. Fine della scienza è quindi quello di potere prevedere e quindi governare qualsiasi fenomeno. Può ciò essere applicato anche agli uomini ed alla società? Così come avviene per le leggi fisiche, chimiche e naturali, è possibile applicare gli stessi principi allo studio dell'uomo per potere prevedere le sue azioni come individuo e come collettività? 
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Questa idea di scienza, di cui ritroviamo tracce anche nell'antichità, ha cominciato a svilupparsi in maniera sistematica nel XIX secolo. E' in questo secolo che troviamo infatti l'origine razionale delle scienze sociali e psicologiche, che hanno come oggetto proprio lo studio dell'uomo. Non dal solo punto di vista fisiologico. Di ciò si occupano da migliaia di anni le varie branchie della medicina, che affondano le loro radici nelle pratiche dello sciamanesimo prima e del religioso poi. Ma dal punto di vista dei comportamenti, individuali e collettivi, e di come questi incidono sulle diverse dimensioni che interessano la vita dell'uomo:

la dimensione economica, politico-sociale, culturale ed ecologica-spaziale. 

Perchè proprio nel XIX secolo? L'800 è secolo in cui iniziano a realizzarsi due grandi novità nella vita sociale dell'uomo, che avevano avuto origine nel secolo precedente e vedranno la loro piena realizzazione nel XX secolo:

la Rivoluzione Industriale e la nascita della democrazia rappresentativa e partecipata, con la Rivoluzione Francese. 

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Entrambi rappresentano una grande conquista dell'umanità, ma introducono una problematica che nelle epoche precedenti era trascurabile. L'INCERTEZZA. 

Una grande, irrisolvibile incertezza. Perchè? I due fenomeni, l'uno di natura prettamente economica e l'altro di natura politica, entrambi con risvolti sociali e culturali clamorosi, possono cinicamente essere assimilati a due forme diverse di mercato. Da una parte il mercato di beni e servizi, sempre più standardizzati, e dall'altra il mercato del consenso, anch'esso con forme standardizzate e formalizzabili. Entrambi rivolti ad un pubblico di massa. Un pubblico sempre più numeroso, del quale diviene impossibile riuscire a capire gli orientamenti. L'individuo tal dei tali comprerà il prodotto commercializzato dalla mia compagnia? L'individuo tal dei tali voterà il mio partito? Nasce così l'esigenza di prevedere il comportamento umano, gli orientamenti generali, sia dal punto di vista economico che da quello politico. Serve una scienza in grado di studiare, analizzare, comprendere e prevedere i comportamenti sociali. Tra il 1830 e 1842 il filosofo francese Auguste Comte scrisse l'opera Corso di filosofia positiva, in cui per primo utilizzò il termine di sociologia. Comte era convinto che questa nuova scienza avrebbe consentito di portare l'umanità ad uno stato di benessere mai avuto prima, individuando leggi e regole in grado di governare i processi di natura sociale, con le stesse modalità adoperate per le scienze esatte e naturali (non a caso il filosofo avrebbe voluto chiamare questa scienza "fisica sociale" ma il termine era già stato utilizzato qualche anno prima dallo statistico belga Adolphe Quetelet). 
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Questa idea deterministica dello studio della società caratterizzò tutto il positivismo fino ai primi anni del XX secolo. Il paradigma scientifico del positivismo era fondato sulla convinzione che l'umanità fosse destinata ad uno sviluppo tecnologico, e di conseguenza sociale ed economico, continuo e lineare verso un miglioramento costante delle condizioni di vita dell'uomo. Gli eventi del 1915-1918, la Grande guerra, segnò la fine del sogno dei positivisti. Questo tragico evento fece ritornare in auge l’idea di una concezione ciclica della storia socio-economica e del progresso, che affonda le sue radici nel modo di concepire il tempo della civiltà greco-romana. Siamo quindi arrivati al concetto di CRISI ECONOMICA, di cui tanto si parla ormai da qualche anno. Se guardiamo alla storia in ottica di benessere sociale, in termini di salute fisica e psichica degli individui, e di benessere materiale, in termini puramente economici globali, molti studi hanno portato a definire lo sviluppo economico-sociale secondo una serie di fasi che si ripetono ciclicamente.
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La prima fase è quello dello SVILUPPO: ad una piccola crescita dello sviluppo economico, corrisponde una crescita molto più ampia del benessere sociale. E’ ciò che avviene quando per esempio una nuova tecnologia diventa di uso comune e migliora sensibilmente la vita delle persone. Alla fase dello sviluppo segue la fese della CRESCITA: al crescere del benessere economico cresce anche quello sociale, ma sempre di meno. In termini pratici per migliorare il benessere sociale delle persone occorre sempre una crescita maggiore del benessere economico. Ad un certo punto questo sforzo di crescita economica non corrisponde più ad un aumento del benessere sociale. Il benessere economico continua a crescere, ma quello sociale diminuisce. Questa è la fase dell’ESTERNALITA’ ed è probabilmente quella che stiamo vivendo in questo periodo a livello globale. Cosa succederà ora? Ci sono diverse possibilità. Dipende dalla visione del mondo che si ha, se da Malthusian o Cornucopian.
E’ possibile che si riesca ad invertire la tendenza. Per esempio con la diffusione di una nuova tecnologia che impatta sia sugli aspetti economici che sociali. In questo caso si ritornerà alla fase dello sviluppo ed inizierà un nuovo ciclo socio-economico. 
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Potrebbe invece succedere il contrario. Se a piccoli avanzamenti di benessere economico corrisponde una grande diminuzione del benessere sociale, si passa alla fase detta di DECADENZA SOCIALE. Se invece diminuisce anche il benessere economico, ma questa diminuzione corrisponde una piccola diminuzione del benessere sociale, si ha allora la fase detta di STAGNAZIONE (che è quella che si sta vivendo già in alcuni paesi dell’occidente, vedi Grecia, Portogallo, Irlanda, Italia, Spagna, Danimarca). La fase del DECLINO si raggiunge quando benessere economico e benessere sociale diminuiscono con la stessa velocità. Quando invece ad una piccola diminuzione del benessere economico corrisponde una grande diminuzione del benessere sociale si è nella fase detta del BREAKDOWN.
Per capire cosa ci aspetta occorre comprendere la natura dei cicli socio-economici. In ogni ciclo si ricomincia daccapo o qualcosa del precedente ciclo rimane? Quando avvengono le variazioni di fase? La prima guerra mondiale, a cui abbiamo accennato prima, potrebbe rappresentare appunto una discontinuità che caratterizza un cambiamento di fase nel contesto socio-economico. Possiamo individuare altri punti di discontinuità nella storia? …

E soprattutto abbiamo vissuto nella nostra storia recente dei punti di discontinuità che giustifichino l’attuale stato di crisi?

Cercherò di analizzare queste domande nella seconda parte di questo post.

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8 settembre 1966: gli spettatori della ABC negli Stati Uniti possono guardare la prima puntata di quella che diventerà una delle serie televisive cult del genere fantascientifico. Il titolo di questa prima puntata nella traduzione italiana è "Oltre la galassia". Probabilmente però il titolo originale "Where No Man Has Gone Before",   fa subito capire che sto parlando delle avventure del capitano Kirk e dell'equipaggio della nave stellare Enterprise della Federazione Unita dei Pianeti. Star Trek, non da subito, ma come un buon vino che matura e diventa più pregiato con il tempo, diventa negli anni un prodotto cross-mediale di enorme successo: 5 serie televisive, 12 film, una serie animata, romanzi, giochi e videogiochi, serie audiovisive amatoriali, racconti e produzioni fandom, prodotti vari di merchandising. 

Il secondo dei film prodotto per le sale cinematografiche è secondo me uno dei più riusciti: "Star Trek II - L'ira di Khan". 

In questo film Kirk e Spock devono affrontare il temibile e malvagio  Khan Noonien Singh, un super-umano geneticamente modificato.  Un nemico spietato e pericoloso che per essere sconfitto richiede l'estremo sacrificio di uno degli eroi principali della serie: il signor Spock! Ma davvero Spock, protagonista quasi quanto il capitano James Tberius Kirk della saga, poteva morire?
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Be' come ho scritto  nel primo post di questo blog, la verità non è mai assoluta (a meno che non ci spingiamo al di là della sfera umana e materiale). 


Infatti "Star Trek III: Alla ricerca di Spock" ci rivelerà un'altra "verità" rispetto a quella che concludeva il film precedente. A rimarcare il concetto dell'inesistenza delle verità assolute (o per essere in tema la probabile inesistenza o estrema rarità della verità assoluta), oltre ad Einstein ed alla sua teoria della relatività generale, c'è un altro signore.

Si chiamava Thomas Samuel Kuhn (ha qualche assonanza con Khan, da cui la lunga premessa ed il titolo di questo post). 

Nel 1962, pochi anni prima del debutto di Star Trek, scrisse un libro,  "La struttura delle rivoluzioni scientifiche", che trasformò il modo di concepire la scienza. 

Non possiamo parlare di una vera e  propria "ira di Kuhn", ma di una sana e decisa vena polemica certamente si.
L'oggetto delle sue critiche era la definizione del concetto di conoscenza scientifica in voga ai suoi tempi e sostenuta dal positivismo logico e da uno dei più noti filosofi del XX secolo, Karl Popper. 
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Il positivismo logico ritiene che la conoscenza scientifica debba rientrare nel dominio dei sensi dell'uomo, quindi essere provata con l’osservazione e la sperimentazione (essere empirica). Inoltre deve essere decidibile, quindi  basarsi su una serie di enunciati che possano essere giudicati in veri o falsi. Qualunque fenomeno, enunciato, ipotesi, teoria, fatto, o è vero, assolutamente vero, o non  è vero. Basandosi anche su questa concezione, Karl Popper sosteneva la possibilità oggettiva di approdare alla verità. Nello stesso tempo però Popper affermava anche che non si ha mai la consapevolezza soggettiva di possedere la verità. Ritornando al nostra amico Albert Einstein, Popper diceva che la relatività potrebbe effettivamente essere vera, corrispondere alla realtà, ma tuttavia non è possibile averne mai un'umana certezza. 

Kuhn va oltre. Secondo lui è il consenso di coloro che operano dentro una data disciplina scientifica che determina l'accettazione o meno di una conoscenza scientifica come "vera". 

Non esiste una scienza univocaca come insieme di conoscenze che conducono ad una verità assoluta, ma ci sono "scienze" diverse, conoscenze, che si alternano lungo la storia in base a quello che lui definisce "il paradigma" accettato in un determinato periodo storico ed all'interno di una certa cultura. La scienza diventa pertanto un fatto "sociale", o almeno anche sociale, determinato dalla specifica società che la produce. Per paradigma Kuhn intende l'insieme di teorie, leggi, tecniche e strumenti accettati all'interno di una determinata tradizione scientifica.  
Sociologia | Semiotica | LinguaggiUn paio di esempi. Quando nel '500 Copernico dimostrò matematicamente che era la terra a girare intorno al sole e non il contrario, venne a rompere il paradigma precedente, per quanto riguarda l'astronomia, dello geocentrismo. Fino ad allora, e per circa un secolo ancora, in Europa si riteneva verità addirittura di fede il fatto che fosse il sole e gli altri astri a girare intorno alla terra (ne sa qualcosa Galileo). Nello stesso modo all'inizio del XX secolo Albert Einstein risolve le contraddizioni presenti tra le equazioni di Maxwell dell'elettromagnetismo e la relatività galileiana, dando origini alla teoria della relatività ristretta a cui succederà poi la relatività generale, rompendo un altro paradigma. Kuhn ipotizza che tutta l'evoluzione del progresso scientifico è caratterizzata da un andamento lineare con delle discontinuità in corrispondenza dei cambi di paradigma. Descrive quindi questo processo attraverso una serie di fasi che si ripetono ciclicamente. La Fase 0 è il periodo pre-paradigmatico, caratterizzato dall'esistenza di molte scuole differenti in competizione tra loro senza un sistema di principi condivisi. La Fase 1 è l'accettazione di un paradigma. La Fase 2 è quella che lui chiama della scienza normale, in cui il paradigma è formalmente accettato da tutta la comunità scientifica. In questo periodo gli scienziati sono visti come risolutori di rebus, cercando di ci rendere coerente il paradigma con l'oggetto della loro ricerca, la realtà. La Fase 3 è quella in cui si cominciano a riscontrare delle anomalie nel paradigma accettato. Lo studio matematico e sistematico delle orbite degli astri da parte di Copernico non si sposava nel '500 con la teoria geocentrica allora ritenuta come verità assoluta. Le equazioni di Maxwell, che spiegavano perfettamente già nel XIX secolo i fenomeni elettromagnetici e la loro natura ondulatoria non si sposavano con le leggi della meccanica definite da Galileo ed alla base di tutta la fisica moderna. Quando il fallimento diventa evidente il paradigma viene messo in dubbio dando vita alla Fase 4, la crisi del paradigma.

Cominciano a nascere nuovi e diversi paradigmi. Si entra così nella Fase 5, quella della rivoluzione scientifica che porterà ad un nuovo paradigma e quindi a nuove verità. Si riparte  quindi "all'esplorazione di strani e nuovi mondi ... là dove nessun uomo è mai giunto prima" :-)

"Spazio, ultima frontiera. Eccovi i viaggi dell'astronave Enterprise durante la sua missione quinquennale, diretta all'esplorazione di strani nuovi mondi alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima.