CRISI ECONOMICA: l'avevamo prevista e sappiamo come andrà a finire - Parte 1


Qualcuno aveva previsto la crisi? SI. E quando? 

Cosa ci aspetta adesso? Sappiamo già come andrà a finire? 
Non scriverò subito le risposte a queste domande. Per due motivi, probabilmente ovvi. Dare immediatamente le risposte senza un discorso logico, contraddice lo spirito di questo blog. Diventerebbe un mero atto di fede, una "religion".
Sociologia | Semiotica | LinguaggiUn atto che spiega e rassicura, ma che si basa su dogmi e discorsi di senso comune. Vorrei invece tentare di seguire un discorso quasi-scientifico, nel limite delle mie conoscenze. Il secondo motivo è insito nei modi propri della narrazione, che diventa tanto più interessante da leggere, o ascoltare, quando più questa lascia intravedere e scoprire lentamente l'esito finale del racconto. Nel precedente post, l'ira di Khun, ho scritto sui modelli di costruzione delle conoscenze scientifiche. 
http://assoluti.blogspot.it/2014/04/lira-di-kuhn-assoluti-relativi-2.html.

Ma qual'è il fine ultimo della scienza? 

Limitandoci ad un punto di vista pratico e con una serie di approssimazioni, potremo affermare che il fine della scienza è quello di creare un modello teorico dei fenomeni oggetto di studio. Questi modelli ci consentono di dominare i fenomeni e di prevedere gli esiti di una data azione su quel fenomeno. Per esempio, conoscere i modelli matematici che governano le orbite degli astri e la legge di gravità, ci ha permesso di andare sulla luna. La conoscenza delle leggi dell'aerodinamica ci ha consentito di costruire aerei ed elicotteri. Lo studio dell'elettromagnetismo ci ha permesso di potere comunicare a distanza, prima con il telegrafo, poi con la radio e così via fino ai più recenti tablet e smartphone. Fine della scienza è quindi quello di potere prevedere e quindi governare qualsiasi fenomeno. Può ciò essere applicato anche agli uomini ed alla società? Così come avviene per le leggi fisiche, chimiche e naturali, è possibile applicare gli stessi principi allo studio dell'uomo per potere prevedere le sue azioni come individuo e come collettività? 
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Questa idea di scienza, di cui ritroviamo tracce anche nell'antichità, ha cominciato a svilupparsi in maniera sistematica nel XIX secolo. E' in questo secolo che troviamo infatti l'origine razionale delle scienze sociali e psicologiche, che hanno come oggetto proprio lo studio dell'uomo. Non dal solo punto di vista fisiologico. Di ciò si occupano da migliaia di anni le varie branchie della medicina, che affondano le loro radici nelle pratiche dello sciamanesimo prima e del religioso poi. Ma dal punto di vista dei comportamenti, individuali e collettivi, e di come questi incidono sulle diverse dimensioni che interessano la vita dell'uomo:

la dimensione economica, politico-sociale, culturale ed ecologica-spaziale. 

Perchè proprio nel XIX secolo? L'800 è secolo in cui iniziano a realizzarsi due grandi novità nella vita sociale dell'uomo, che avevano avuto origine nel secolo precedente e vedranno la loro piena realizzazione nel XX secolo:

la Rivoluzione Industriale e la nascita della democrazia rappresentativa e partecipata, con la Rivoluzione Francese. 

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Entrambi rappresentano una grande conquista dell'umanità, ma introducono una problematica che nelle epoche precedenti era trascurabile. L'INCERTEZZA. 

Una grande, irrisolvibile incertezza. Perchè? I due fenomeni, l'uno di natura prettamente economica e l'altro di natura politica, entrambi con risvolti sociali e culturali clamorosi, possono cinicamente essere assimilati a due forme diverse di mercato. Da una parte il mercato di beni e servizi, sempre più standardizzati, e dall'altra il mercato del consenso, anch'esso con forme standardizzate e formalizzabili. Entrambi rivolti ad un pubblico di massa. Un pubblico sempre più numeroso, del quale diviene impossibile riuscire a capire gli orientamenti. L'individuo tal dei tali comprerà il prodotto commercializzato dalla mia compagnia? L'individuo tal dei tali voterà il mio partito? Nasce così l'esigenza di prevedere il comportamento umano, gli orientamenti generali, sia dal punto di vista economico che da quello politico. Serve una scienza in grado di studiare, analizzare, comprendere e prevedere i comportamenti sociali. Tra il 1830 e 1842 il filosofo francese Auguste Comte scrisse l'opera Corso di filosofia positiva, in cui per primo utilizzò il termine di sociologia. Comte era convinto che questa nuova scienza avrebbe consentito di portare l'umanità ad uno stato di benessere mai avuto prima, individuando leggi e regole in grado di governare i processi di natura sociale, con le stesse modalità adoperate per le scienze esatte e naturali (non a caso il filosofo avrebbe voluto chiamare questa scienza "fisica sociale" ma il termine era già stato utilizzato qualche anno prima dallo statistico belga Adolphe Quetelet). 
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Questa idea deterministica dello studio della società caratterizzò tutto il positivismo fino ai primi anni del XX secolo. Il paradigma scientifico del positivismo era fondato sulla convinzione che l'umanità fosse destinata ad uno sviluppo tecnologico, e di conseguenza sociale ed economico, continuo e lineare verso un miglioramento costante delle condizioni di vita dell'uomo. Gli eventi del 1915-1918, la Grande guerra, segnò la fine del sogno dei positivisti. Questo tragico evento fece ritornare in auge l’idea di una concezione ciclica della storia socio-economica e del progresso, che affonda le sue radici nel modo di concepire il tempo della civiltà greco-romana. Siamo quindi arrivati al concetto di CRISI ECONOMICA, di cui tanto si parla ormai da qualche anno. Se guardiamo alla storia in ottica di benessere sociale, in termini di salute fisica e psichica degli individui, e di benessere materiale, in termini puramente economici globali, molti studi hanno portato a definire lo sviluppo economico-sociale secondo una serie di fasi che si ripetono ciclicamente.
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La prima fase è quello dello SVILUPPO: ad una piccola crescita dello sviluppo economico, corrisponde una crescita molto più ampia del benessere sociale. E’ ciò che avviene quando per esempio una nuova tecnologia diventa di uso comune e migliora sensibilmente la vita delle persone. Alla fase dello sviluppo segue la fese della CRESCITA: al crescere del benessere economico cresce anche quello sociale, ma sempre di meno. In termini pratici per migliorare il benessere sociale delle persone occorre sempre una crescita maggiore del benessere economico. Ad un certo punto questo sforzo di crescita economica non corrisponde più ad un aumento del benessere sociale. Il benessere economico continua a crescere, ma quello sociale diminuisce. Questa è la fase dell’ESTERNALITA’ ed è probabilmente quella che stiamo vivendo in questo periodo a livello globale. Cosa succederà ora? Ci sono diverse possibilità. Dipende dalla visione del mondo che si ha, se da Malthusian o Cornucopian.
E’ possibile che si riesca ad invertire la tendenza. Per esempio con la diffusione di una nuova tecnologia che impatta sia sugli aspetti economici che sociali. In questo caso si ritornerà alla fase dello sviluppo ed inizierà un nuovo ciclo socio-economico. 
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Potrebbe invece succedere il contrario. Se a piccoli avanzamenti di benessere economico corrisponde una grande diminuzione del benessere sociale, si passa alla fase detta di DECADENZA SOCIALE. Se invece diminuisce anche il benessere economico, ma questa diminuzione corrisponde una piccola diminuzione del benessere sociale, si ha allora la fase detta di STAGNAZIONE (che è quella che si sta vivendo già in alcuni paesi dell’occidente, vedi Grecia, Portogallo, Irlanda, Italia, Spagna, Danimarca). La fase del DECLINO si raggiunge quando benessere economico e benessere sociale diminuiscono con la stessa velocità. Quando invece ad una piccola diminuzione del benessere economico corrisponde una grande diminuzione del benessere sociale si è nella fase detta del BREAKDOWN.
Per capire cosa ci aspetta occorre comprendere la natura dei cicli socio-economici. In ogni ciclo si ricomincia daccapo o qualcosa del precedente ciclo rimane? Quando avvengono le variazioni di fase? La prima guerra mondiale, a cui abbiamo accennato prima, potrebbe rappresentare appunto una discontinuità che caratterizza un cambiamento di fase nel contesto socio-economico. Possiamo individuare altri punti di discontinuità nella storia? …

E soprattutto abbiamo vissuto nella nostra storia recente dei punti di discontinuità che giustifichino l’attuale stato di crisi?

Cercherò di analizzare queste domande nella seconda parte di questo post.

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