Verità su Halloween

Non sembra essere una festa come le altre, Halloween. Segreti si nascondono dietro la sua origine. Le maschere di demoni, streghe, fantasmi e vampiri, non possono che essere collegate a qualche occulto mistero. Ferventi cristiani e predicatori hanno più volte ammonito sui pericoli che questa festa porta con se.
Allora cerchiamo di svelare cosa nasconde Halloween.
Già il suo nome può dirci tanto: deriva dall'inglese arcaico All Hallows' Eve che significa... vigilia di Ogni Santi! In effetti si festeggia il 31 ottobre che è proprio la vigila di Ogni Santi, però... la sua origine risale a molto prima dell'istituzione della festa cattolica nell'anno 840 d.C. Alcuni studiosi la fanno risalire alla festa dei morti degli antichi romani, chiamata Parentalia, o forse alla festa celtica Samhain della fine dell'estate, o molto probabilmente ad entrambe. Si tratta di feste pagane in cui si festeggia la morte ed i morti! 

Death and Halloween

Si, è vero, anche il Natale si festeggia nella stessa data delle feste solari dell'antica Roma del Sol Invictus, che cadeva in corrispondenza del solstizio d'inverno. Lo stesso vale per la Pasqua, che cade in corrispondenza della prima luna piena dopo l'inizio della primavera: la festa cristiana deriva da quella ebraica, in cui si festeggia l'Esodo del popolo di Israele dalla schiavitù in Egitto, che a sua volta è però legata alle feste pagane che celebrano il risveglio della natura dopo la fine dell'inverno.
Ma perchè celebrare e festeggiare la morte? Si, è vero, le religioni, grande e piccole che siano, sono tutte, in qualche modo, legate al culto dei morti e della morte. Il cristianesimo è una religione e non una semplice filosofia di vita perchè Gesù Cristo è risorto dai morti (lo si recita anche nel Credo cattolico). La resurrezione e il superamento della morte è uno degli elementi centrali del cristianesimo. 

Resurrezione e morte

Ad Halloween però ci si traveste da diavoli, fantasmi, streghe, vampiri e mostri vari. Tutte creature del male! Non può non essere che una festa del male e diabolica. Infatti è una festa che viene dagli Stati Uniti e da altri paesi anglosassoni dove la religione maggioritaria è quella cristiana protestante. E negli Stati Uniti questa festa è stata portata da... dai cattolicissimi irlandesi. 
Come nel Carnevale che precede la preparazione alla festa più importante del cristianesimo, la Quaresima che conduce alla Pasqua, anche Halloween è il sovvertimento dell'ordine reale. E' una festa del dileggiare e del deridere. A Carnevale, almeno quello tradizionale, il povero si traveste da ricco e il ricco da povero, il laico da religioso e il religioso da laico. E' una festa dell sovvertimento, per esorcizzare il disagio e le diseguaglianze. Lo stesso vale per Halloween: ci si traveste da personaggi del male per deridere e dileggiare il male e i suoi simboli. Si esorcizza la paura della morte ed il male stesso che in essa può essere nascosto. Si sovverte il male con il bene e la gioia della festa. Ci si traveste da demoni per deridere il male, sconfitto dalla grazia di Dio, e non per celebrare il male!

Carnevale e sovvertimento


Ma allora vogliamo mettere lo sfruttamento commerciale che si fa di Halloween? 
Be', in effetti, i torroni e i panettoni che già ad inizio novembre si vedono nei supermercati, mi fanno pensare che poi non ci sia niente di così sconvolgente nella festa della vigilia di Ognissanti. Travestitevi pure bimbi cristiani, indossate le maschere che più vi piacciono, non c'è peccato nella gioia e nel divertimento! 

Ogni Santi


L'arte del narrare è fatta di varie sfaccettature. Riflessi di pensieri che si manifestano a chi ascolta nelle modalità più diverse. Guardando un testo fatto di consonanti e vocali spiegarsi su una pagina bianca, oppure accompagnato da immagini e figure che si ricompongono su vignette che consentono di passare da una scena all'altra di un fumetto. Guardando le immagini che si susseguono veloci e in movimento su uno schermo o ascoltando il ritmo delle rime che si inseguono a disegnare un sentimento nella poesia. O ancora ascoltando una musica, fatta solo di note oppure accompagnata da un testo come le canzoni pop/rock dell'ultimo vincitore del premio Nobel per la letteratura Bob Dylan.
Raccontare non significa inventare sempre qualcosa di nuovo, intrecci e personaggi originali. Spesso la stessa storia si ripete all'infinito, sotto forme diverse con varianti più o meno evidenti rispetto a uno schema classico, che ci hanno spiegato semiologi come Propp e Greimas.  L'esempio più immediato sono le trasposizioni di romanzi o fumetti  in film per il cinema o la TV (ne parlo ampiamente nel saggio Nuvole 2.0 che potete trovare allink http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/fumetti/270970/nuvole-2-0/) oppure i remake di vecchie pellicole.
D'altronde sappiamo bene che i bambini amano ascoltare la stessa storia più e più volte o guardare senza sosta la stessa puntata del loro cartone animato preferito. Questo ripetersi delle narrazioni è quindi un nostro bisogno primordiale, che ritroviamo nell'infanzia e con tratti più maturi anche nell'età adulta.

Si tratta di quelle che definisco Rinarrazioni.

Una rinarrazione non è fatta dal semplice ripetersi di storie già raccontate con qualche variante ed aggiornamento, ma è qualcosa di più complesso. Atmosfere, rimandi, citazioni del già visto, del già sentito, del già scritto, sono un tratto caratteristico della narrativa contemporanea e post-moderna. Usano questa tecnica alcuni film e serie TV che ho avuto modo recentemente di vedere con molto piacere.

Inizio con un piccolo capolavoro italiano: Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti.

Rinarrazioni | Supereroi | Il supereroe italiano


Quando si parla di un film, spesso ci si limita a citare il regista e gli attori, che in questo caso specifico sono davvero notevoli, ma per un amante di storie come sono io, non è possibile non citare anche l'autore del soggetto: Nicola Guaglianone (supportato da Menotti nella stesura della sceneggiatura).
Cinema | Storytelling | Rinarrazioni | Nicola Guaglianone

Cosa troviamo in questo film, che dopo l'esperimento di Salvatores con Il ragazzo invisibile, riesce per la prima volta a mettere sugli schermi un supereroe italiano contemporaneo e pienamente inserito nell'humus culturale del nostro paese? Proprio una serie di rinarrazioni, che non sono solo i rimandi al super robot di Go Nagai ed ai personaggi di quell'anime, ma un'atmosfera che è in parte quella dei polizieschi italiani degli anni '70, di quel genere poliziottesco che fu una vera fucina di originalità e vivacità su uno schema predefinito che contribuì al successo commerciale del cinema italiano di quegli anni, ormai purtroppo lontani. E' un'atmosfera già ripresa in parte, sia nella letteratura che nel cinema, dai vari Romanzo Criminale, Gomorra, Suburra. Ritroviamo poi un po' di spensieratezza e superficialità nelle canzoni degli anni '80 di Oxa e Bertè. E naturalmente quei rimandi al fumetto superomistico americano, ed in particolare a quello della Marvel di Stan Lee.

Rinarrazioni sono l'elemento portate anche della bellissima serie TV  Stranger Things, prodotta dalla Netflix, come altre interessanti serie TV degli ultimi anni.

Rinarrazioni | Storytelling



E' un thriller fantascientifico, dove fantastico e soprannaturale si mixano in maniera ammirabile, con protagonisti un gruppo di ragazzini che quando sono in sella alla loro bici non possono non ricordarci gli eroi di E.T. L'extraterreste. L'ET in questo caso non è un alieno, ma una ragazzina dotata di poteri telecinetici, Undi, nella versione italiana, Ely, in lingua originale, diminutivo del suo nome "Undici" (Eleven) cavia di esperimenti militari della solita organizzazione segreta del governo americano. La serie è ambientata negli anni '80, in maniera abbastanza fedele a quella che era la realtà di allora, e sono chiari i rimandi ai film del genere di quegli anni (il già citato E.T.Poltergeist - Demoniache presenze, Scanners, Carrie - Lo sguardo di SatanaFenomeni paranormali incontrollabili) strizzando l'occhio alla serie cult Ai confini della realtà.  In estrema sintesi vale proprio la pena guardare questa serie e scoprire il mondo del Sottosopra.
L'ultima citazione si sviluppa in una forma completamente diversa rispetto alle prima due opere citate.

E' Ash vs Evil Dead. Qui la rinarrazione si fa sequel della trilogia di film horror di Sam Raimi La Casa, La Casa 2 e L'Armata delle Tenebre.


Rinarrazioni | horror | Splatter comico

La serie non è certamente all'altezza della prime citazioni, ma è davvero un piacere ritrovare ancora in forma un attore come Bruce Campbell, diventato famoso in pratica solo per avere interpretato la prima trilogia, affiancato, tra gli altri, da un'inquietante Lucy Lawless (già la guerriera Xena nell'omonima serie TV prodotta sempre da Raimi). L'atmosfera è quella degli ultimi due film della trilogia originale, che dall'horror del primo La Casa, si è trasformata in uno splatter/thriller commedia, oserei dire quasi demenziale.

Sullo schema delle rinarrazioni si muove anche il romanzo Pippo e la Sposa nel quale mi sono divertito a sperimentare un po' di teoria di letteratura comparata. 

Non si tratta di un saggio come Nuvole 2.0, ma è un romanzo tradizionale, abbastanza semplice nello svilupparsi della trama, senza la multilinearità e la polifonia che richiederebbe la narrativa più contemporanea, che spero sia anche piacevole da leggere. In Pippo e la Sposa l'ambientazione viene ricreata da citazioni tratte da film e canzoni a cavallo del passaggio tra il XX e il XXI secolo (la storia si sviluppa durante l'estate del 2002). Testi e immagini che cercano di disegnare sentimenti e pensieri attraverso il ricordo del lettore piuttosto che con l'utilizzo delle sole parole.
Per chi volesse leggerlo Pippo e la Sposa lo trovate disponibile sia su Amazon che in formato cartaceo a questo link http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/narrativa/270821/pippo-e-la-sposa-2/


Quando sento i vostri #sorrisi

Le spalle del cielo incendiano di cremisi le stelle al tramonto,
echi di guerra. di liti e tragedie invadono le mie stanze,
urla di rabbia, di rancore e di dolore risuonano dure nei miei occhi e nella mente.
Ma quando sento i vostri sorrisi,
tutto sembra così lontano e impossibile che siano cose a venire.
I monti si scuotono dalle loro fondamenta a franano a valle a coprire l'abisso,
i mari si innalzano nell'onda perfetta affamati di terra e di fatti dall'uomo,
i cieli si oscurano e scompaiono le stelle mentre tifoni e tormenti si abbattono feroci.
Ma quando sento i vostri sorrisi,
tutto sembra così lontano e impossibile che siano cose a venire.

Quando sento i vostri #sorrisi

Un vuoto si apre nelle mie viscere e vuole assorbire la mia anima intera,
il caos come cavallo imbizzarrito sferza l'aria torbida dei miei pensieri,
non c'è niente, solo illusione e vana disperazione.
Ma quando sento i vostri sorrisi, perché li sento i vostri sorrisi, non solo li vedo,
quando accarezzo la vostra pelle, tutto è lontano, non è mai stato e mai sarà,
tutto è vita ed esplosione infinita, solo calore che riscalda il cuore e l'anima.
Perché l'eternità esiste quando guardo i vostri sorrisi.

Quando sento i vostri #sorrisi



Guardare Oltre


"Ma poi che cosa è un bacio? Un giuramento fatto
un poco più da presso, un più preciso patto,
una connessione che sigillar si vuole,
un apostrofo roseo messo tra le parole, t'amo"
[Edmond Rostand - Cirano de Bergerac]

Cos'è un bacio | Cyrano

E cosa è una parola? Una connessione che sigillar vuole. Quella connessione, o meglio relazione, che si crea tra le persone quando comunicano tra loror. In semiologia o in linguistica, autori come Umberto Eco o Tullio De Mauro, ci direbbero che è l'unità minima dotata di senso/significato di un  linguaggio, sia esso una lingua scritta o parlata. Una sillaba, una vocale o una consonante, un fonema non sono dotati di significato, ma una parola si. Una parola riesce a darci un'idea sia di ciò che è concreto che di ciò che è astratto, di qualsiasi cosa la nostra mente sia in grado di concepire. Un gatto, una casa, il bene, il male, l'amore, un bacio...

Semiotica e Comunicazione

Potremmo invertire la precedente affermazione. La mente è in grado di concepire solo ciò che il linguaggio è in grado di esprimere. E' per questo motivo che luoghi in cui si parlano lingue diverse hanno modi leggermente diversi di concepire il mondo. La cosa è ancora più evidente quando le lingue sono notevolmente diverse tra loro: si pensi alle differenze che esistono tra la cultura occidentale e quella dell'estremo oriente.
Non è solo la lingua influenza il modo di concepire il mondo, ma lo è anche il modo di comunicare. Fino a circa 5 mila anni fa la tradizione e la cultura si trasmetteva solo oralmente, poi fu inventata la scrittura. Nasce la scrittura per immagini, i geroglifici, i caratteri cuneiformi, fino ai caratteri alfabetici in uso oggi o gli ideogrammi utilizzati in Cina e Giappone. La scrittura ha fortemente influenzato il nostro modo di pensare. Quando i prima caratteri alfabetici cominciarono ad essere usati in medio oriente, qualche migliaio di anni fa, la direzione della scrittura procedeva da destra a sinistra ed era fatta solo di consonanti e non da vocali. Questa situazione richiedeva che per l'interpretazione un testo era necessario avere uno sguardo di insieme di tutto lo scritto per comprenderne il reale significato. Il contesto diventa altrettanto importante del testo stesso. Un insieme di lettere da sole, una parola, presa singolarmente, essendo fatta di sole consonanti poteva avere un numero di omonomie molto superiore rispetto a quanto accade nella moderna scrittura occidentale. Inoltre il senso di lettura da destra a sinistra privilegiava l'uso dell'emisfero destro del cervello, quello che si dice sia la parte della nostra mente a cui è deputata la sintesi, la spazialità e la creatività (non è esattamente così, ma per i nostri scopi possiamo considerare valida questa semplificazione). 

Scrittura e pensiero

Furono gli antichi greci che aggiunsero le vocali e cominciarono a scrivere da sinistra a destra, come facciamo oggi, privilegiando l'uso dell'emisfero sinistro, quello che si dice sia deputato alla logica, l'analisi e il linguaggio. E' proprio nell'antica Grecia che si sviluppano infatti l'oratoria, la filosofia e la scienza che sono alla base della cultura occidentale.
Se la scrittura ha, in qualche modo, influenzato il nostro modo di concepire il mondo e di pensare, altrettanto hanno fatto una serie di invenzioni che hanno rivoluzionato il nostro modo di comunicare. La pergamena, il papiro e la carta prima, ma molto di più l'invenzione della stampa, nel XV secolo, che consentì una diffusione molto più ampia della cultura e della possibilità di leggere.
Le cose cambiarono ulteriormente nel XX secolo: l'elettricità portò all'invenzione del telegrafo, della radio, del telefono, della televisione. Il mondo è diventato più piccolo, le distanze si sono ridotte. All'inizio degli anni '90, il digitale prima ed il web dopo, hanno ulteriormente ristrutturato la nostra mente e il modo dell'uomo di relazionarsi  con gli altri. Cellulari, Smartphone, Tablet e Social hanno dato vita al web 2.0, che si appresta con il 3.0 (il web semantico) a diventare un'autocoscienza quasi indipendente  dall'uomo. Siamo così giunti al nostro XXI secolo.

Comunicazione e Web

Tutto è onnipresente e disponibile. Siamo immersi in una una nuvola di informazioni e di parole. 

Siamo più connessi, ma sono proprio le parole che rischiano di perdere la loro caratteristica di connettere le persone.

Un apostrofo roseo messo tra le parole. Così come il bacio di Cirano, anche le parole diventano relazione quando sono collegate ad altre parole. Una parola da sola non rappresenta un pensiero, ma solo poco più che un verso, un semplice suono. Una parola è anche un sorriso, uno sguardo, un'espressione. Parole di un linguaggio che non è quello verbale, ma è quello del corpo e dell'anima.
Oggi il web 2.0, o meglio, l'uso che ne facciamo, sembra ci voglia portare a fare il processo alla parola, la singola parola estrapolata dal discorso. 

Le parole diventano più pesanti, dure, cattive. 

Di contro le persone diventano più leggere, più fragile, sole. Sole, perchè se si da importanza alla singola parola e non al discorso non si crea relazione. 

Così una parola, una singola parola definisce la persona e, spesso, questa persona diventa il nemico o l'adultera da condannare (uso la figura dell'adultera del Vangelo per indicare l'uomo in generale). Una parola, un'immagine o un video sono la persona e non l'insieme delle sue parole, fatte di pensieri, emozioni, espressioni, di discorsi, di vita. 
Non sono i social, è l'uso che se ne fa. Con un coltello puoi ferire una persona, ma puoi anche affettare il pane per dividerlo con il tuo fratello o la tua sorella. Basta guardare oltre e non fermarsi alla singola parola, al titolo, allo slogan, all'immagine o video sul web o sulla strada. Guardando oltre.

Parole Pesanti Persone Leggere

Sette e mezza di sera sul grande raccordo anulare. C'è una luce fantastica, ideale per scattare una fotografia. Ad inizio settembre, se ci si sposta dall'uscita della Roma-Fiumicino verso l'Appia,  nello specchietto retrovisore si riflette la palla rossa-arancio del disco solare che sta per tramontare. Mi tornano i bei tramonti che ho lasciato nella mia Calabria, quelli sul mar tirreno, dove il sole lentamente si tuffa nel mare come un'atleta di nuoto sincronizzato.

Tramonto sul mar Tirreno in Calabria

Al mio fianco c'è l'amico Nicola e stiamo tornando verso casa. Abbiamo appena finito la nostra partita di calciottto, la prima della stagione dopo le vacanze estive. Siamo stanchi e non siamo molto loquaci. Anche un po' delusi, perché nonostante abbiamo fatto una bella partita abbiamo perso.  A farci da sottofondo c'è l'autoradio. 
- E' la dura legge del gol..., dice Nicola
- Cosa?
- La canzone di Max Pezzali... o degli 883? Non ricordo se si erano già separati o no.
- Stai ancora pensando alla partita?
- Be', avremmo dovuto vincere con 4 o 5 gol di scarto. 
- Va be', che importa, non è che c'era in palio la coppa del nonno.
- Si però... aspetta, aspetta. Ascolta.
In radio stanno trasmettendo un dibattito sulle proteste suscitate dalla campagna del Fertility Day che è in procinto di lanciare il Ministero della Salute.
- E' proprio impazzita... ma che le passa nella mente a quella?
- A chi, al ministro?
- E a chi se no? Ti pare normale? Solo in Italia succedono queste cose... Siamo nel medioevo. Ma hai visto le cartoline o letto gli slogan? "La bellezza non ha età, la fertilità si"? Ma siamo impazziti?
- Si, anche se tutto questo scandalo non lo capisco...
- Non lo capisci? E' un'offesa a tutte le donne, agli uomini, alle coppie di qualsiasi genere... La dignità di una donna, o di una coppia, si misura in base ai figli che fa?
- Non credo sia questo il problema. Certo i messaggi sono duri, forse non del tutto appropriati, ma le campagne contro il fumo o sulla sicurezza stradale non mi sembra che utilizzino un linguaggio meno deciso.
- Ma qui si parla della dignità delle persone. 
- Sono d'accordo. Quei soldi potevano essere spesi meglio, per preparare un ambiente e una società più accoglienti per i bambini e soprattutto per chi decide di avere un figlio...
- Infatti, fai i figli e poi che gli dai da mangiare? Come li tiri su? 
- Mi ripeto: c'è molto da fare nel nostro paese e per la nostra società, anche se in fondo i nostri nonni facevano figli anche senza avere il posto o uno stipendio fisso... oggi pare sia impossibile.
- Non sono più quei tempi, Andre'!
- Però, spiegami cosa c'è di scandaloso in quegli slogan.
- Tutto!

#FertilityDay, Slogan


- Per quanto duri e inappropriati possono sembrare quei messaggi sono oggettivamente rispondenti alla realtà.
- Ma quale realtà? Oggi si può avere un figlio a 40 anni tranquillamente e probabilmente è anche meglio, perché avrai a che fare con una coppia di genitori più consapevoli.
- Questa mancanza di fiducia nei giovani non la capisco. Se continuiamo così non diventeranno mai adulti, mai consapevoli, nè par fare un figlio nè per nient'altro. Sarò fortunato ma io conosco tanti giovani in gamba, responsabili e consapevoli. E comunque in Italia di figli non si fanno e siamo il paese con una delle più basse natalità al mondo.
- Quindi riduciamo tutto a un puro fattore di numeri ed economia?
- No, non voglio dire questo. Voglio dire solo che siamo fatti di sangue, carne e ossa. Per quanto vorremmo astrarci da questo fatto inconfutabile resta la realtà. Nico, non siamo dei, siamo solo uomini, con i nostri limiti. Anche in questo caso è la dura legge del gol, fai un gran bel gioco però vince chi segna più.
- Come no. Parliamo di vita, non di una partita di calcio. I limiti si superano.
- - A quale prezzo? A quello di perdere la nostra umanità? Quell'essere fatti di sangue e carne, l'essere limitati e imperfetti ci rende unici e inimitabili. La perfezione ci renderebbe tutti identici ed è comunque uno stato irraggiungibile. Resta il fatto che fare un figlio a trent'anni è biologicamente più facile che a quaranta.
- Non guardi oltre amico e comunque stai andando troppo sul metafisico per i miei gusti. E' che siamo un paese di... guarda cos'è successo con il terremoto?
- Cosa vuoi dire?
- Se fossimo un paese civile ci sarebbe stato qualche danno, qualche ferito ma niente di più. Hai  letto poi quell'articolo in cui si dice che si prevedono terremoti almeno 30 volte più intensi di quello di qualche giorno fa?
- Si... ci voleva Mandrake. La scala Richter è logaritmica, quindi un terremoto 30 volte più intenso significa poco meno di una magnitudo di un grado Richter in più rispetto a quella del terremoto di qualche giorno fa, in pratica come il terremoto dell'Irpinia degli anni Ottanta. Quindi ci sono già stati nella storia recente terremoti trenta volta più intensi, è facile pensare che ce ne potranno essere altri simili.
- Certo in Giappone non se ne sarebbero neanche accorti... Quello si che è un paese civile.
- E' solo una questione di percezione, Nico. Secondo te è più rischioso viaggiare in auto o in aereo?
- Conosco bene le statistiche...
- Va be', lascia stare le statistiche, ti senti più sicuro in auto o in aereo?
- In auto, anche se so che è più rischioso...
- Appunto, è una semplice questione di percezione: l'auto ci fa meno paura perché la usiamo tutti i giorni, anche se le statistiche dicono che è molto più frequente un incidente d'auto che un disastro aereo e che i morti sulle strade sono enormemente di più rispetto alle vittime di incidenti in volo. Lo stesso vale per i terremoti.
- Non capisco dove vuoi arrivare...
- Ho letto anch'io quell'articolo in cui si lodavano i metodi costruttivi utilizzati in Giappone o in California, ma è una questione di tradizione e percezione. In tutta l'area mediterranea si è sempre privilegiata la pietra, e poi il cemento, come materiale per la costruzione degli edifici. In Giappone e Satati Uniti, invece, si è da sempre utilizzato il legno, un materiale più elastico e più resistente ai movimenti tellurici. Ma soprattutto quel che conta è la percezione. Succede come per le auto e gli aerei.
- Voglio proprio vedere dove vuoi arrivare. Significa che siamo destinati a morire sotto le macerie quando c'è un terremoto?
- No. Sicuramente dobbiamo darci da fare per rendere sicure le nostre abitazioni, ma non possiamo darcene una colpa a priori per quella che è il nostro stato attuale. In Italia l'ultimo terremoto catastrofico è stato nel 2009 a L'Aquila, sette anni fa, e prima ancora nel '97, quasi 20 anni fa, in Umbria e Marche. Se si fa una media dei terremoti dal 1900 a oggi sopra i 5 gradi Richter, in Italia se ne registrano circa uno o due all'anno. In Giappone c'è un terremoto sopra i 5 gradi Richter ogni settimana, in alcune settimane ce ne sono anche più di uno. E' chiaro che per loro la percezione del rischio terremoto è assolutamente diversa rispetto alla nostra. Per loro i terremoti sono come per noi viaggiare in auto.

Terremoto Amatrice, Accumoli, Arquata


- Quindi siamo dei destinati, come dicevo prima...
- Non lo so. Le disgrazie accadono. L'inevitabile esiste e diventa evitabile solo dopo che è accaduto. 
- Non è il terremoto che fa le vittime, ma chi costruisce le case.
- Può essere, ma quando accadono certi fatti credo che la prima reazione debba essere la solidarietà e l'aiuto e, se credi, la preghiera. Poi viene il momento del dolore e del conforto, a cui deve seguire la voglia di ricominciare. La polemica, l'indagine, la critica ci devono essere, per imparare ed evitare o mitigare quello che è accaduto, ma solo dopo avere provveduto all'essenziale.
- Ci vuole razionalità e progettualità.
- ... di gente che è fatta di sangue, carne, ossa e terra. 

Nel frattempo il disco color rosso sangue è ormai scomparso all'orizzonte alle nostre spalle e si vedono solo i bagliori arancioni che disegnano i contorni delle nuvole.

Alla luce del tramonto



Ed eccoli qui, il doppio attacco di Holly Hutton e Tommy Becker, dal vero, nella prima di Premier League tra L'Hull City e i campioni uscenti del Leicester,

Linguaggi e Narrazioni, Holly e Benji


I protagonisti sono i giocatori (veri) Abel Hernandez e Adama Diomande.
Non tutti sanno che il titolo originale della serie animata Holly e Benji, e del manga da cui è tratto, è Capitan Tsubasa, un fumetto spokon (cioè dello genere sportivo) ideato nel lontano 1981 da Yoichi Takahashi. Chi ha visto tutte le 128 puntate della prima serie originale sa bene che il cartone ha un unico indiscusso protagonista, Holly, e che il portiere Benji Price è solo un  importante comprimario. Non a caso il vero titolo del manga e dell'anima è il già citato Capitan Tsubasa, che altro non è che il vero nome del protagonista Holly Hutton che nel manga originale è Tsubasa Ozora
I nomi di tutti i protagonisti è stato infatti cambiato in Italia, e in generale in occidente, così il vero nome di Benji Price è Wakabayashi Genzō e quello dell'eterno rivale  di Holly, Mark Lenders, è Hyûga Kojirō. 
Se proprio si volesse affiancare un nome a quello di Holly, probabilmente più che Benji dovrebbe essere il suo compagno di attacco e quasi altrettanto talentuoso Tommy Becker, in originale Misaki Tarō, il numero 11 della New Team e della nazionale giapponese, autore insieme al protagonista del doppio attacco che hanno riprodotto senza volere Hernandez e Diomande nell'ultima partita di Premier League.

Linguaggi e Narrazioni, Holly e Benji, Holly Hutton

Voglio Chiudere questo blog con l'antesignano di Holly e Benji: si chiamava Arrivano i Superboys (titolo originale Akakichi No Eleven, letteralmente Gli undici rosso sangue) altro manga spokon dedicato con protagonista l'attaccante Shingo Tamai ideato a fine anni sessanta da Ikki Kajiwara, e trasformato in anime e trasmesso in Giappone già nel 1970 (in Italia arriverà solo nel 1980). Lo stile è assolutamente differente da quello di Holly e Benji, sia nel soggetto che nei disegni. Non a caso l'autore è lo stesso dell'Uomo Tigre e dell'altrettanto drammatico Rocky Joe (in cui Ikki Kajiwara si era firmato con il suo vero nome  Asao Takamori).

Shingo Tamai, Ikki Kajiwara


Linguaggi e Narrazioni, Holly e Benji



Posso dare un nome al nostro sogno?
No, non posso darglielo.
Posso tenerlo in braccio e cantargli nenie inventate?
Non posso farlo.
Si è dissolto nella nebbia,
in una grigia giornata di un novembre di mezza estate.



“Gli innamorati vedono assai più cose
di quanto la fredda ragione riesca poi a spiegare”.
Arriverà Puck a rimettere a posto le cose,
gliel’ha ordinato Oberon, perché tutto vada come deve andare.
Rimarrà solo un bel sogno, scolpito nei pensieri,
nello spirito e nella mente.
Un’incisione leggera che ha fatto male per un istante,
solo al risveglio in mezzo alla nebbia,
quando il folletto maldestro ha messo il succo di viola
sulle palpebre degli amanti errati.
Una volta sistemate le cose, sarà solo un sapore dolce,
sulle labbra e nella bocca,
nel cuore e nel sogno.
“La guerra, la morte, i malanni,
stanno in agguato contro l’amore,
facendolo istantaneo come un suono,
fugace come un ombra, breve come un sogno”.
Come un lampo in un temporale di mezza estate,
“prima che si sia potuto dire ‘Guarda!’
è inghiottito dalle tenebre”.
Poi il sole squarcia di nuovo le nubi
e ricomincia l’estate che riscopre i colori
del cielo, del mare, della terra,
della pelle, del cuore e dell'anima.





Da quella distanza non si distingueva se fosse proprio un piccolo principe o una principessa,
di certo aveva i capelli corti, biondi, arruffati e il profilo dolce dei suoi fratelli e sorelle.

poesia e narrazioni

Si, poteva essere anche una bambina, ma questo non era importante,
era comunque un piccolo principe, un costruttore di sogni.
Volava già tra i piccoli planetoidi nella fascia degli asteroidi,tra Marte e Giove,
curioso di conoscere il sistema solare e l'universo intero.
E' passato anche vicino alla Terra, a cavallo di una stella cadente,
il nostro piccolo principe, come un bel sogno interrotto al mattino.